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Via Crucis di Madrona, 1953

Arte religiosa di nome e di fatto. Le ‘Via Crucis’: una, geniale, nella chiesetta di Madrona (Monte Bisbino, Lago di Como). "Sfruttando la mia eccezionale perizia nel cesello (sbalzo e cesello), operai una trasformazione che oserei dire storica, portandolo a grandi dimensioni su lastra di rame. Ne è testimonianza la grande parete con le stazioni della Via Crucis in un tutt’uno visibile nella chiesetta di Madrona, sul monte Bisbino, dove concepii una parete unica riassuntiva delle 14 stazioni, da leggere in percorso circolare."(Eli Riva)


La “Passione” di Eli Riva
(in “Il Corriere della Provincia”, in occasione della mostra presso la sede del giornale, 1953)

“Le correnti e le posizioni nell’arte figurativa si sono andate definendo in questi ultimi anni e si possono riassumere in due categorie principali in antitesi tra loro: Astrattismo e Neorealismo. Da una parte non è spenta ancora la voce dell’Astrattismo, definito da tempo dagli stessi artisti l’Arte Nuova (….). Dall’altra parte il neorealismo nascente è anch’esso un fatto di moda o di speculazione, comunque un’ingenuità e non una possibilità vera di espressione.
In mezzo a tutto questo sta l’arte sacra. Non che essa sia l’unica forma possibile di manifestazione artistica, anzi crediamo alla possibilità creative dell’uomo moderno, con soluzioni nuove di forme nuove e contenuti nuovi (lo stesso Riva in altri campi ci dà esempi brillanti di modernissime intuizioni), ma crediamo anche alla possibilità di una arte sacra nuova, cioè rinnovata in forme essenziali e sintetiche di nuovo dolore e nuova pietà.
La 'Via Crucis' che Riva espone nelle sale del 'Corriere della Provincia' è un saggio di arte sacra moderna.
Un pannello in rame di 7 metri quadrati. Indubbiamente un’opera coraggiosa e nuova sotto tutti i punti di vista: le dimensioni, mai finora affrontate per il rame; l’idea di riunire tutte le 'Stazioni' in un unico quadro; l’aver concentrato tutte le possibilità espressive unicamente sui volti annullando i gesti o quasi; l’effetto raggiunto con una concezione geniale del bassorilievo, nuovissima rispetto alle concezioni classiche (Riva riesce a darci una profondità plastica con soluzioni prospettiche immaginose, irrazionali e tuttavia di reale efficacia. E’ invenzione pura). L’impostazione sintetica generale è sempre il maggior pregio nelle opere del Riva.
Il gesto, quando non è annullato completamente come nella spogliazione, è pietrificato, senza tempo e senza spazio.
Neppure si può parlare di simboli, perchè simboli non sono. I piedi stessi, più che di simbolo hanno il valore di una lacerante sensazione di vita e di dolore. Di ogni cosa Riva ha colto ed espresso l’essenza, e questa prende proporzioni gigantesche che escono dall’opera e imprigionano lo spazio. L’ambiente intorno è diventato infatti magicamente quello di un tempio.
Se, come ho detto, tutto il materiale plastico è fuso magistralmente in un unico insieme, anzichè diluito in racconto, pur tuttavia dal caos delle sensazioni è ancora possibile isolare i particolari, che assumono proporzioni artistiche individuali e significati altamente umani. Si veda l’'Incontro con la Madre' dove il colloquio è veramente raggiunto e Maria è pietrificata dal dolore. Si vedano le 'cadute' dove un crescendo di tragedia, determinata dalla violenza incombente delle croci, porta alla catarsi del Cristo disteso che pare respiri o riposi, sotto la croce. Una tregua, protetto dalla croce stessa.
Si veda la 'Deposizione', dove il sapientissimo, giottesco uso dei volumi, il senso realistico determinato dalle corde, il profilo del Cristo posseduto dalla morte, creano uno scontro e un insieme insuperabile.
Si veda il 'Cristo nel Sepolcro', dove ancor più vive la morte e si diffonde da questo che può essere il centro della composizione; dove la materia, quel corpo amorfo ricoperto di bende, è annullata, distesa, lievitata, e nel cerchio, questa volta perfetto dell’aureola, regna il silenzio. (Perché le aureole pure sono espressive, sia in senso compositivo che patetico e partecipano all’espressione del volto, accentuandola).
Riva ha veramente rappresentato la morte nella sua essenza, senza gesto e senza smorfia, e questo forse non è mai stato fatto.
Dallo scontro fra sensazioni di vita e sensazioni di morte, dal contrasto fra elementi realistici e drammatici (i piedi, le corde, gli scorci delle croci) con elementi di silenzio (i volti del Cristo) nasce la forza espressiva e convincente di quest'opera che fa pensare, come sensazione, alla 'Deposizione' agli Scrovegni, dove il volo turbinoso degli angeli nel cielo fa contrasto con la calma della composizione sottostante del Cristo morto.
La mostra è continua meta di visitatori. Anche S.E. Mons. Clemente Gaddi si è vivamente compiaciuto con il giovane artista per questa validissima opera che lo pone in primo piano tra gli scultori italiani”.