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Opere Cimiteriali: Astratto

La storia della scultura di Eli Riva si può quasi fare al cimitero, tante sono le cappelle, le tombe e i loculi, realizzati a Como e altrove, di volta in volta attinenti ai modi della sua scultura ‘di ricerca’. Al tempo stesso lo si potrebbe chiamare ‘il maestro delle cappelle’.

Cappella Gaggio, Lomazzo 1957
Viene quasi voglia di morire davanti a quella … “porta del cielo” (ianua coeli).
Entrare attraverso quei vuoti per chissà dove….farsi soffio, farsi spirito per entrare.
E’ la cappella per la famiglia Gaggio, al cimitero di Lomazzo. Una lastra di marmo bianco, con tagli verticali, vagamente incrociantisi.
Una tomba senza malinconia.

Visti allora, il 1957, potevano sembrare i ‘tagli’ di Fontana, ma questi tagli sono anche altro. Poiché la data segue di un anno le “Piastre” (1956), la prima incursione nell’“astratto” di Riva, scultore fino ad allora “figurativo”. Le “Piastre” erano lastre di beola, ardesia o granito, imbullonate con bulloni a vista.
Quindi, anche per una lettura puramente stilistica, si può dire che questi “tagli” appartengano alla ricerca personale di Eli Riva e alla sua creatività, oppure (che è lo stesso) alla creatività parallela di un maestro come Lucio Fontana nello stesso momento storico.

E, come i tagli di Fontana, non un fatto puramente formale, ma pieno di …. significato.

E’ praticamente una casa, la tomba Gaggio, un cubo bianco, con la sua porta che ha le sue cerniere.
Il complesso è di una semplicità estrema (foto G.Buscema).

Cappella Brivio, Bregnano, 1971
E’ ancora astratta, ancora una porta. Sorprende come facesse Riva a convincere i committenti, a portarli sul suo piano, a fare accettare opere così poco convenzionali…
La cappella Brivio è il prototipo, in granito, della più tarda cappella Azimonti in bronzo, al Cimitero Monumentale di Como.
Qui il vuoto è una croce, spazio creato tra due grosse pietre grezze verticali diagonalizzate, sormontate da una terza pietra orizzontale tagliata a formare una sorta di rotondo cielo (foto G.Buscema).



Cappella Azzimonti, Como, 1978

La cappella Azzimonti del 1978 ricalca la Brivio, ma al contrario di quella è fatta di nulla, quasi immateriale, pur essendo di bronzo. Il piano è “ambiguo”, cioè non rigido (valore estetico che Riva aveva già raggiunto nel Portale di Chiasso del 1967 e, prima ancora, nel 1966, con il pannello della chiesa del Cimitero Maggiore intitolato “Il sogno di Giacobbe”).
Anche qui la croce come vuoto, ma ci sono linea di terra e cielo (foto G.Buscema).

Non può essere nata dal nulla, questa che è l’ultima opera monumentale di Riva per il Cimitero di Como, anzi è l’esito di un pensiero lungo, come abbiamo cercato di dire, a partire dalla cappella Brivio del 1971 e, ancora prima, dalla Gaggio del 1957. Un pensiero che intende andare oltre la materia e dare il senso dello spirito nel vuoto creato come traccia del divino.


Tomba Severgnini, Como, 1980
Tra le opere non figurative nei cimiteri si inserisce a titolo assoluto la tomba Severgnini, del 1980. E’ un’opera nata in laboratorio, appartenente al filone più stretto della ricerca personale dell’autore, e per la precisione al gruppo ‘seriale’ di lavori che Eli Riva chiamò Moduli, nati per filiazione diretta dalla ‘serie’ delle Arfalle, a partire dal 1975.

E’ venuto il momento di dire che Riva procedeva, nelle opere di committenza in genere, nell’arte sacra o religiosa, parallelamente alle sue scoperte di laboratorio, al suo lavoro di esplorazione nello sviluppo della scultura contemporanea. In questo senso la Severgnini è appunto un Modulo,  in marmo bianco di Carrara, poggiante su una panca di acciaio. Un puro modello astratto, non di facile immediata lettura individuarne il senso, religioso o simbolico. Un semplice omaggio alla bellezza, alla creatività ? Un’opera d’arte comunque, nell’intenzione della committente Alice Severgnini.

Una parola va spesa anche per la panca di acciaio: di queste panche se ne trovano allo studio di via Masaccio a sorreggere opere profane e l’autore le volle nella sua ‘retrospettiva’ di San Pietro in Atrio (Como) del 1991, dove costituivano la totalità dell’allestimento, da lui stesso progettato.

Tomba Baragiola, Como, fine anni '60
La tomba terragna Baragiola può essere collocata in questo contesto, anche se appartiene alla fine del percorso stilistico figurativo, l'"Informale", in quanto vera sintesi dei due percorsi di ricerca di Riva, astratto e figurativo. Possiamo dire che si tratta di un "informale-astratto".
L'opera consiste nella stessa lastra di copertura della tomba: dal piano emerge una Croce.
Scolpita ad alto rilievo (come sempre "a taglio diretto"), con i segni evidenti dello scalpello, è in granito: blocchi pesanti solcati da tagli profondi, a creare grandi ombre.
Con una simbologia profonda, i bracci della Croce sono le braccia stesse di Cristo, e così pure il costato. La Croce è il Cristo stesso, nelle braccia aperte la Croce porta tutto il dolore dell'Uomo. (Foto G.Buscema)


La cappella Brivio fu progettata con l’architetto Alberio, la Gaggio con il geometra Marzetti, la Azzimonti con l’architetto Francesco Castiglioni.

Infine, ancora una cappella astratta, un tempietto polifunzionale che ospita sei famiglie: analoga come immagine alle precedenti Gaggio e Azzimonti, è una lastra tombale, che di nuovo ricorda l’iconografia della Croce. Cimitero di Monteolimpino. (Foto G.Buscema)