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Immagini di Cristo

Fra le opere religiose degli anni ’50 vanno considerati soprattutto i numerosi e importanti lavori di committenza. L’emergere di un’intensa produzione sacra non è casuale: la committenza incontra infatti una profonda e sentita ispirazione personale, confermata anche dal fatto che fin da giovane Riva aveva manifestato interesse per i soggetti religiosi.
Raffaele De Grada, nella sua rubrica d’arte alla radio nazionale, menzionava Eli Riva come l’unico che avesse rispettato l’invito al tema religioso, esponendo una “Testa di Cristo” in rame sbalzato nella mostra collettiva per artisti “Ai primi passi” tenutasi a Milano nel 1951 alla Galleria San Fedele dei Padri Gesuiti.
In quell’occasione la giuria, composta da Aldo Carpi, Giorgio Keisserlian, Giacomo Manzù, Garibaldo Marussig ed Eva Tea, presieduta da Carlo Carrà, gli attribuiva una ‘segnalazione’.
E Leonardo Borgese si esprimeva così sul “Corriere della Sera” (6 giugno 1951): “Fra i giovani che già abbiamo notato in altre mostre notiamo Eli Riva, un sintetico scultore di gusto, fra l’arcaico e Moore”.

Fra le opere religiose non commissionate, nate per ispirazione personale, alcuni lavori fondamentali: il “Cristo Pantocrator” in porfido egizio del 1950, lo stesso porfido utilizzato per le “Due Teste” del medesimo anno (questa immagine non ha bisogno di commenti, così essenziale, così parlante, un Cristo così assoluto e perentorio).




Il bassorilievo in marmo verde  “Cristo crocefisso”, così commentato da Paolo Cassiani Ingoni sul “Corriere della Provincia” il 29 settembre 1952 in occasione della Mostra Provinciale del Sindacato Belle Arti di Como: “Fra gli scultori noteremo il bassorilievo sapientemente studiato di Eli Riva, nella piena padronanza della sua arte che vuole dire una parola nuova in fatto di tecnica e di ispirazione”.


In questo bassorilievo in marmo, di minimo rilievo, è da notare la sapienza dell’autore: il piede è un piede a tutti gli effetti, ma solo disegnato. Nel bassorilievo infatti, l’artista può prescindere dalla prospettiva volumetrica, se il disegno è sapiente. Il bassorilievo non è un altorilievo schiacciato.
Esiste nella storia dell’arte lo stiacciato, come in Donatello o Agostino di Duccio, per fare qualche esempio: non il prodotto di un rilievo prospettico schiacciato, il bassorilievo, ma determinato dalla libertà disegnativa, dall’invenzione.
Alberto Longatti, “La Provincia”, 21 novembre 2001, “Eli Riva, 80 anni nel segno dell’arte”: “Conoscitore dei materiali, egli predilige la materia dura (nobile, resistente al tempo), che impegni in una battaglia la sua mano e il suo cervello; (…)  e trovando il modo  giusto di trattare ogni materia, senza aggredirla, ma cercando invece di penetrare in essa seguendo le vene nascoste, i sentieri segreti già tracciati dalla natura”. Valgono queste parole a proposito delle opere in cui possiamo ammirare la preziosità del marmo, col suo colore e con le sue venature.

"Cappella Praga”, Rovenna, Cernobbio
Quando gli viene lasciata ampia libertà dal committente, l’opera del cliente diventa un’occasione  in più di studio per la ricerca personale del proprio linguaggio artistico (vedi anche "Arte Sacra / Opere cimiteriali / Figurativo" ).


Sbozzato in marmo bianco, il Cristo non ha fattezze reali; il corpo è suggerito da poche linee e il volto è presentato  di profilo. Alle spalle del Crocefisso si apre nel muro una finestra azzurra, che inonda di luce viva, e di cielo, la scultura. Ancora una invenzione.

"Pala d’altare”, Chiesa nuova di San Giuseppe (Como)
Con i segni  evidenti dello scalpello (come sempre “a taglio diretto”), e senza lucidature, questa grande pala d’altare in travertino (foto G.Buscema).

Cristo Risorgente, in Croce, in Sepolcro. Così diceva l’autore, specificando di avere fatto insieme la vita e la morte. La morte e la vita.
Vengono in mente le parole di Garcia Lorca: “Ignazio saliva l’arena con tutta la sua morte addosso”.


"Cristo”, esposto a Fulda (Germania), bronzo.

Questo bronzo, di ispirazione personale, è anch’esso parlante, nella sua essenzialità ed espressività. Profondamente sentito e vibrante.

"Crocefisso", 1963, bronzo, acquistato dalla Camera di Commercio di Como.


"Inchiodazione” 


In rame sbalzato, degli anni cinquanta, costituisce una “Stazione” della “Via Crucis” del portale della Parrocchiale di Diano Marina (Imperia). Il martello è il fulcro e il simbolo della “Inchiodazione”, che non impedisce l’ampia emotività  e la passione del volto, del Dio fatto Uomo. Allo stesso modo, nella “Via Crucis” di  Madrona, è la corda il simbolo significante che tiene insieme i tre Volti  via via più intensi; fino a quello dominante, e sublimante nella sua pace, protetta quasi dall’aureola, del Sepolcro .



"Cristo”, in rame sbalzato, anni giovanili.


Se paragonato a un altro “Cristo in rame” (proprietà L.Tocchetti), emerge con evidenza la differenza di maturità stilistica: nel primo – siamo prima del 1950 – è evidente la stilizzazione giovanile accademica, che pur lascia trasparire nella bocca, semiaperta, e negli occhi, semichiusi, la forte espressione dolente, la forte carica empatica (vedi anche "Anni Giovanili / Sbalzo e cesello" ).
Nel secondo Riva aveva già portato il cesello a grandi dimensioni, e precisamente lo aveva fatto nella suddetta “Via Crucis” di Madrona del 1953.


Interessantissimo questo Cristo in ferro dorato mutilato dei piedi (propr.arch. Renato Conti).
Di un epoca molto più tarda, risente, anzi contiene tutte le esperienze stilistiche dell'iter riviano, in una sintesi sconcertante, a partire dal prorompente volume della sua giovinezza.
In un'altra opera, la tomba Baragiola in marmo del Cimitero Monumentale di Como, le braccia fanno tutt'uno con l'asse della Croce, e qui, nel rigonfio della carne, Riva ricupera il volume - sua anima, suo istinto -, quel volume che negli andrà svuotando col pensiero critico.



A figura intera e di notevoli dimensioni un Cristo in legno di pero degli anni ’60. “Ecce Homo”, che lo stesso Riva considera basilare, come emerge anche da un’intervista raccolta nel 1997 da Giorgio Bardaglio per il “Corriere di Como” (28 dicembre): “Ecce Homo. Ecco l’Uomo. Un Cristo nudo, spoglio, ligneo come la croce che lo ha condannato e redento. Opera fondamentale per ammissione del suo stesso autore.”

  Foto Pozzoni


La Cappella Colombo di Carate Urio, del 1970, in marmo con intarsio in piombo, si basa sull'essenzialità espressiva della sola linea (vedi anche "Arte Sacra / Opere cimiteriali / Figurativo" ).


Cristo Crocifisso gli ha ispirato anche uno dei pochissimi dipinti ad olio, quasi monocromo.


Sorprendente, per noi,  la scoperta di quest’opera, ritrovata in fondo ad uno dei cassetti dove accumulava i suoi disegni.


Un indicibile e indescrivibile, ambiguo, Mistero profondo, abisso del sentimento: un Cristo trasfigurato nell’astrazione del tratto grafico che identifica il disegnare di Riva ( "Opera grafica / Tappe e stili" ).