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Via Crucis Ticino

Il tema della “Via Crucis” torna più volte nella produzione scultorea di Eli Riva, sia per volere dei committenti, sia per libera scelta dell’artista, “profondamente colpito dal doloroso racconto dell’Uomo sulla via del Calvario”. Eli Riva si definiva infatti “cristologico”.
Una prima “Via Crucis”, giovanile, fu eseguita in Ticino quando, dopo aver lasciato Milano e dopo un soggiorno culturale a Parigi con l’amico pittore Brignole D’Arena, egli si trasferì nella vicina Svizzera Italiana per una permanenza lavorativa nello studio dello scultore svizzero Remo Rossi, all’incirca tra il 1946 e il 1948.
Di questa “Via Crucis” purtroppo abbiamo perso le tracce. Non siamo a conoscenza di quale sia la chiesa che la ospita e invitiamo chi ne avesse notizie a fornirle.


L’opera, pur acerba, è comunque interessante perché vi sono evidenti le due tendenze dell’artista nell’arte plastica, quella del disegno, rigoroso, e quella del volume, tanto da poter dire di Riva che è uno scultore prestato al cesello. Subito dopo (anni 1950-53) l’autore sarà padrone dei propri mezzi espressivi, con la “Via Crucis” di Madrona, quella in marmo di Campobasso e con le opere in marmo a volume pieno del 1950.
Eseguita in rame sbalzato e secondo gli schemi tradizionali, la “Via Crucis” del Ticino mostra delle incertezze, tra un manierismo contenuto e la prepotente voglia di espressione data dal forte rilievo plastico. C’è qualche squilibrio, ma è tipico dell’arte giovanile, e cioè di chi sta cercando la propria forma espressiva matura: nel caso di Riva giocano da una parte il volume prorompente, dall’altra la stilizzazione accademica.

Si veda la “Presentazione della Croce”:

netto è il disegno ma forte il volume nel corpo del portatore, mentre più stilizzata è la figura del Cristo.

Nella “Spoliazione” la massa del corpo del soldato si contrappone al disegno analitico dei piedi, delle mani e dei teli delle vesti delle altre due figure. Ci sono momenti di rilievo plastico: i polpacci, il fianco, la spalla dello “spogliatore”, la spalla e il braccio di Gesù; ma disegno e volume sono in equilibrio, col profilo netto e racchiuso di tutta la figurazione.

“L’incontro con la Madre”

E ora qualche particolare : la testa con la Croce ne “Il Cireneo”,

il soldato che abbraccia il legno in “La caduta”,

le mani e le ginocchia del soldato e la spalla di Gesù in “La seconda caduta”.

La “Inchiodazione”  e il “Sepolcro” sono riassuntivi di tutti i valori, trattati armonicamente.


Massimo squilibrio, ma forse voluto, nella “Crocifissione”, fra le figure laterali delle donne stilizzate che fungono da sfondo e la figura volumetricamente prorompente del Cristo padrone del mondo.

Da questa prima “Via Crucis” fortemente stilizzata della fine degli anni ‘40, alla “Via Crucis” di Madrona del 1953, ancora in rame sbalzato, il salto è enorme, sia per l’immagine che per la tecnica, per i valori formali e di concezione liturgica che illustreremo, e si può sostenere che da ora in avanti Riva sia del tutto padrone dei suoi mezzi espressivi.