ENG

percorso di navigazione

Il "Bivolume"

Bivolume” è un assunto, nella poetica e nella pratica della scultura di Riva, che l’artista precisa fin dall’origine, a cominciare dalle “Due Teste” del 1950.
Scultura fatta da due volumi, due blocchi attaccati o contigui, il “bivolume”  è un concetto, un’istanza, una parola da lui stesso inventata.
Lo troviamo in molte opere, sia nell’“astratto” sia nel “figurativo”, dove si associa al tema della coppia umana da lui intimamente sentito. Esempi rilevanti nel settore figurativo sono “Persona-Persona” (gruppo in pietra arenaria),

“Passo semplice” (gruppo in gesso),

“ Sepolcro” (gruppo in marmo rosa),



le “Due Teste” (gruppo in porfido egizio),

e un esempio del periodo informale (foto G.Buscema).

Potrebbe essergli venuta, l’idea del “bivolume”, o della coppia, dal celebre “Bacio” di Brancusi, autore che Riva amava molto. Un’opera che lo scultore rumeno ha redatto in varie versioni.
Ma potrebbe anche essergli venuta dalla sua congenita attenzione, dal suo spiccato interesse, come detto, proprio verso l’idea della coppia, se il suo primo “uomo/donna”, appunto le “Due Teste”, l’ha fatto in porfido, materia dura. E’ una visione non naturalistica, essenziale e simbolica: la sublimazione dell’amore umano, anziché il ritratto di due persone.

Bivolume” è un concetto che, volendo può essere colto come un filo conduttore, un filo rosso nella poetica e nella tematica di Eli Riva. Non un percorso d’obbligo, naturalmente, non un ideale estetico da perseguire per tutti, ma un’idea plastica particolare e che riveste particolare importanza soggettivamente per Eli Riva.
Trova riscontro nelle parole stesse dell’autore quando parla di “doppia immagine”, ma anche nella valutazione del critico Gino Macconi quando, nella presentazione alla mostra realizzata nella sua Galleria  “Il Mosaico” a Chiasso (Svizzera italiana) nel 1976, così si esprime, riferendosi alle “Due Teste” del 1950: “una volumetria bipartita composta di due volumi analoghi”.

                               IL DOPPIO
Il  doppio non esiste in natura. Ogni cosa è singola. La  natura è “uno”. Esistono i gemelli, ma ciascuno è distinto, individuo indipendente. Esistono eccezioni, i fratelli siamesi, ma sono ‘un caso’, si può dire uno sbaglio di natura. Il “due” è un concetto moderno, matematico, mi si dice dopo Cartesio, ed è il simbolo della dilatazione.
Allora il “bivolume” di Eli Riva può essere considerato anti-natura. Può essere considerato un passo, il primo passo, verso l’astrazione; astrazione che egli ha perseguito per tanti anni nel suo percorso plastico, stilistico e culturale, che noi riteniamo paradigmatico.

Qual è il “doppio” più pregiato in natura?  La coppia umana, naturalmente.
Effigiata la troviamo nell’arte, nella pittura e nella scultura. Nei sepolcri, etruschi, romani, cristiani. Ma sono due ritratti, figure distinte, marito e moglie. Riva fa qualcosa di diverso, con le “Due Teste”: non un uomo e una donna riconoscibili, ma l’essenza dell’uomo e l’essenza della donna; l’uomo nella sua severità, la donna nel suo sorridere. E li unisce per le orecchie.

Per le orecchie e per il lungo collo, aveva unito anche i “Due cavalli”.

In realtà un mezzo busto (in bronzo). Uniti per le orecchie in modo innaturale, hanno il cranio, il collo, il torso, una spalla in comune. Solo le teste, i musi, sono soli e parlanti.
E i girasoli?

Sembrano anch’essi uomo donna, lui robusto e leggermente più grande, lei lieve e leggermente appoggiata.


E veniamo ai “Galletti”.
Anche qui la coppia, e palesemente la parodia della coppia umana:
nel suo battibeccare,

nella competitività, nell'accapigliarsi,

nel dialogare.


-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


E
ora il “bivolume”, o “doppia immagine”, nell’astratto di Eli Riva.

Qualche marmo degli anni I965-'68 e '75-'76:
“Bivolume”, marmo bardiglio (1967);


“Composizione verticale”, marmo nero (1967);

“Composizione verticale - Arfalla doppia”, marmo grigio (1976)


L’idea entra anche nella progettazione di elementi architettonici relativi agli interventi pensati per le soluzioni presbiteriali nelle chiese di Sant’Agata e di Lipomo.
Altare e pulpito, chiesa di S.Agata, Como

Altare e pulpito, chiesa di Lipomo (Co)

Lo troviamo anche nei monumenti astratti cimiteriali: tomba Severgnini.

Tornando strettamente alla scultura, ricorre con frequenza nelle opere “seriali” (a partire dal 1975):
Arfalle
“ Bivolume – Arfalla” , marmo bianco

"Arfalla doppia orizzontale"


Moduli”,
“Modulo”, marmo nero,

“Modulo asimmetrico”, legno di magnolia, 1980


“Modulo orizzontale”, legno di larice, 1979

"Modulo"

"Modulo doppio"

"Modulo doppio"

 

 

 



"Modulo doppio"


Rotori
“Rotore doppio”, marmo nero, 1978


Verticali
“Verticale”, legno, 1979-'82

“Verticale”, disegni, studi per monumento Banca CARIPLO, Como (1979-'82)

E terminando, ancora un disegno, che ci riporta alla figurazione: una china, tratto unico su carta bagnata (1962). Due figure unite con un braccio solo, che appartiene ad entrambe.


Come già detto, il “due” è un concetto moderno ed è il simbolo della dilatazione. E allora il “bivolume” di Eli Riva, il suo “due”, può essere considerato anti-natura, e cioè il primo passo verso l’astrazione. Astrazione che Riva ha perseguito per tanti anni. Può essere considerato il motivo base, il motivo fondante del suo processo creativo verso l’astrazione, che, come lui insisteva a dire, “non si raggiunge dalla sera alla mattina”.
Astrazione, dunque, uguale anti-natura.

Quando arriverà il momento del riposo, del disegno riposo, come sono state chiamate le “Foglie”, che è l’ultima produzione di Riva, puramente grafica, la potremmo chiamare ritorno alla natura. Riconciliazione, un ritorno pacificante, dopo che ebbe finito il suo compito, la grande fatica della “ricerca”, un percorso  verso l’astrazione che si può definire paradigmatico per tutti i suoi  passaggi. La lotta contro il “visibile”, come si presenta ai nostri occhi, a vantaggio della pura” immagine”, della forma mai vista; l’immagine nata da dentro, da una immaginazione profonda, un puro prodotto dell’io.