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Il 1950: i mesi a seguire

Certamente galvanizzato dal premio Y.M.C.A (intitolato a Giuseppe Terragni, come Riva ricordava con orgoglio), premio che sanciva la sua identità di scultore (proveniente dal cesello e dalla bottega artigiana, come qui si ha spesso occasione di dire, derivazione che egli stesso ardentemente rivendicava: diceva “l’artista deve avere potere di sintesi e potere di analisi”, e l’analisi, il particolare, era l’essenza, il valore ontologico del cesello; diceva “sarai bravo cesellatore quando saprai fare la zampina alla mosca”, oppure “fare una rosa non è fare una zucca”), i mesi a seguire furono un ininterrotto, straordinario periodo produttivo, con una serie di opere, tutte altrettanto significative, tutte in marmo, scolpite a taglio diretto nella materia, realizzate con incredibile, sorprendente rapidità; e tutte levigate a mano (‘con olio di gomito’, si dice in comasco), “con sette smerigli di diversa finezza”, diceva lui...


“Uomo Seduto”, marmo di Musso: esposto alla Quadriennale Romana del 1952  




“Donna”,
marmo di Musso

METTERE FOTO ORFEO

Ma sopra tutte,
le “Due teste” in porfido
e il “Cristo Pantocrator”,
nello stesso porfido.


Il premio fu in giugno. Lo trovai in agosto che lavorava nel suo piccolo laboratorio di via Manzoni, con camicia e cravatta, proprio alle “Due teste”.

I mesi a seguire furono, a giudizio di chi scrive, un percorso teso a superare la iniziale staticità di ispirazione arcaico-egiziana: un percorso che lo porterà dalla fissa ieraticità del “Nudo Femminile senza gambe” al tentato movimento delle ultime sculture di quell’autunno del 1950.

“Nudo femminile” : donna in piedi e con le gambe, marmo botticino
 



“Uomo che tenta di camminare”, ma ancora non ce la fa, come impacciato. Con un occhio solo, come il Ciclope omerico. Marmo porfiridico. Esposto e venduto in una ‘personale’ nel 1977 alla Galleria Mosaico di Chiasso.



“Donna che cammina”, marmo Candoglia bicolore


   
Il “Prigione”, marmo ‘giallo di Siena’ (proprietà Mantero-Terragni, Como), veramente prigioniero della sua condizione.



  A questa fase stilistica possiamo riferire anche la bellissima panchina antropomorfa del 1953, “Uomo che chiama dalle scale”, in onice del Portogallo (situata nell’atrio del palazzo al n.1 di Piazza Cacciatori delle Alpi in Como).(Foto Verga)  


Scrive Silvia Sboto nel febbraio 1952 a proposito dell’ “Uomo seduto”, in occasione dell'esposizione dell'opera alla Quadriennale Romana: “Eli Riva, uno scultore che ha lavorato duro: il suo “Uomo seduto” risolve nel senso pieno della parola il rapporto tra l’interiorità dell’artista, il moto che lo guida, il mezzo con cui lo esprime. Una scultura, la sua, dove un meditato equilibrio di volumi si risolve quasi spontaneamente in un ritmo di curve, in un fremere d’interiori ansie di vita.”

Un’ultima scultura di quell’autunno 1950 tenta non solo di camminare ma anche di volare...

 
“Donna sulla punta dei piedi”, marmo bianco

...“portare il volume in altezza” era infatti uno degli assunti di Eli Riva in quegli anni.

A proposito della galleria Mosaico, il suo direttore Gino Macconi scriverà nella presentazione della mostra del ’77: “Un’eredità profonda dei Maestri Comacini è nell’opera di Eli Riva: una lunga esperienza artigianale, tecnicamente sicura, confortata da una poetica sempre attenta in tutto l’arco del suo operare, dai primi lavori (con la giusta comprensione e assimilazione del Novecento italiano) agli ultimi, liberi, risultato di una ricerca estetica sensibile e personale. (…) L’immagine di Eli Riva, dedicata dapprima ad un’iconografia di tipo agiografico (sempre tuttavia frutto di un’adesione calda e partecipe), acquista, attraverso una lunga disciplina, una dignità espressiva rigorosa, assoluta, diversa e lontana dagli infiniti schemi proposti dai contemporanei. Le “Due Teste” del 1950, di una volumetria bipartita e composta in due valori analoghi, sono un inizio importante e, a mio vedere, tradiscono chiare le radici del romanico lombardo, capite a fondo e interpretate con sicura attenzione evocativa.”




Altre sculture di questi mesi:
“Maternità”, marmo botticino

 

“Donna Accovacciata”, marmo chiampo

 

  e infine “Senza titolo”, che annuncia qualcosa di nuovo, qualcosa di astratto.