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Monumento Casati Università dell'Insubria

Un omaggio dell'Università dell'Insubria al proprio fondatore, Francesco Casati (1998-99).
Leggiamo in un articolo anonimo pubblicato sul quotidiano “La Provincia” in occasione dell’inaugurazione dell’opera: “A undici anni dalla scomparsa l’Insubria gli rende merito posizionando una scultura nell’androne del primo piano dell’edificio di via Valleggio. Una serie di quadrati e rettangoli che si intersecano fra loro a formare un’immagine in continuo movimento. Una scultura astratta lontana da ogni retorica.”
Coerentemente alla sua idea di antimonumentalismo, Riva porta all’estremo questo principio, con una immagine assolutamente astratta. Del resto, del tutto antimonumentale era anche la statua dedicata a Papa Innocenzo in via Odescalchi, dalla quale ricupera l’idea della cerniera, questa volta aggrappata al pilastro dell’atrio d’ingresso.

Ma anche la sua scultura aveva raggiunto la massima astrazione, e il  vuoto anziché il pieno, un cammino lungo parecchi anni. “Non si diventa astratti dalla sera alla mattina”, era il suo motto, la sua considerazione al riguardo. Ecco le “Case degli Angeli” (degli anni '90), eseguite direttamente in cera. Pronte per la fusione in bronzo (a cera persa).


Dalla tesi di laurea di Lucia Mandressi: “Le Case degli Angeli sono composizioni  leggere e ariose, e rispondenti al concetto di opera visibile da molteplici punti di vista. Lo spazio diventa esso stesso opera d’arte, sia quello inquadrato dai moduli geometrici che si sovrappongono e intersecano, sia quello che lambisce il materiale."
Il monumento a Casati è costruito in legno pregiato. Eccolo nello studio:


Alberto Longatti  scrive nell’articolo pubblicato su “La Provincia” in occasione della morte dello scultore (14/15 febbraio 2007): “Case degli Angeli, armoniosi telai che non inquadrano lo spazio ma lo incorniciano, lasciando vibrare  quanto contengono in mille fibrillazioni: lo spazio così frantumato veniva concepito dall’artista come una piccola porzione dell’infinito.”

Riportiamo il pensiero dello scultore traendolo da un'intervista, a cura di Claudia Rancati, apparsa su "Il Corriere di Como" il 29 giugno 1999: "Questo lavoro si pone in continuità ideale con tutta la mia precedente ricerca, quel percorso perseguito fin dalla giovinezza che si può condensare in un progressivo passaggio dalla figurazione all'astrazione e, allo stesso tempo, in un coerente avvicinamento della scultura all'architettura.
Un accostamento che l'ultimissima opera di Eli Riva, in sintonia con i moderni valori architettonici della nuova sede universitaria, incarna nelle sue geometriche intelaiature lignee. L'edificio di via Valleggio nasce da un progetto libero, che ha superato gli ossessivi dati novecenteschi tanto presenti nella nostra città.
Allo stesso modo -
spiega Riva - la mia scultura si pone nel segno del superamento e della libertà. Rifiuta ogni interferenza, non ha bisogno di alcun basamento e verrà collocata in appoggio al grande pilastro centrale dell'atrio attraverso una piastra di aggrappo metallica che recherà incisa un'epigrafe a Francesco Casati, per non disturbare altri punti dell'edificio. Il suo registro dominante è un grande quadrato immobile che viene improvvisamente messo in movimento da un secondo quadrato, obliquo. Attraverso la cascata discendente dei rettangoli e la loro successiva spinta verticale ho simboleggiato l'espulsione del passato che ritenevo retorico e ricostruito un concetto di un'immagine rinnovata. Il modulo quadrangolare, così replicato, si svuota e si defisicizza per acquistare un'autonomia assoluta: come nei quadri di Kandinskij, il concetto di immagine funziona sempre, anche capovolgendo la tela. Ma nell'intreccio delle forme ortogonali - conclude l'autore che affonda una mano in una cavità formata dalla compenetrazione dei rettangoli - ecco crearsi uno spazio: è qui che la scultura si fa architettura e viceversa, qui che le due arti trovano il loro ideale punto di incontro e fusione".