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Scultura Seriale
"Moduli", dal 1977

Benché l’assunto di Eli Riva, il suo sforzo sia da sempre quello di eliminare la base alla scultura, c’è una ripresa della base nei “Moduli”, serie che segue quella delle “Arfalle”.
Il bi-volume è un altro concetto estetico che Riva persegue, consumato anche nel “figurativo” (si vedano le “Due Teste”), e i “Moduli” sembrano essere impostati proprio sull’idea del bivolume: una doppia volumetria orizzontale, come a dire un’opera costituita da due basi, o, anche, un bivolume articolato in altezza.


I “Rotori”, creati nello stesso periodo, elimineranno invece la base completamente, secondo quella idea originale di Riva dell’opera senza base a cui abbiamo accennato.
Nei “Moduli” c’è una chiara derivazione dalle “Arfalle” nel motivo ripetuto nella parte superiore, mentre in quella inferiore il volume è compatto a fare da base.






La parte superiore del “modulo” puó anche torcersi, specialmente se il materiale utilizzato è il legno, più duttile;


ondeggiare o, ancora, disassarsi – con rotazione di un volume sull’altro e la generazione di asimmetrie - ma sempre rimanere bivolume.

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E’ il preludio alla grande stagione delle “Fionde”, che nasceranno dai “Moduli” per gemmazione ed evoluzione naturale.
Bisognerà anche sottolineare che Riva è passato dal marmo al legno, forse in occasione del regalo di una grande magnolia che, appartenuta al giardino di Villa Olmo in Como, era caduta per il gelo e gli fu donata, tagliata in grossi blocchi, dall’Amministrazione comunale, in epoca di più attenta considerazione degli artisti locali; o forse perché Riva, nella sua saggezza, sapeva commisurare le proprie forze fisiche con la difficoltà della materia: e non è un caso che l’ultimo materiale da lui usato sia stato la cera.

Scrive Franco Catania in occasione della mostra personale alla galleria Visconti di Lecco (1978), dove erano esposti moduli ancora in marmo: “Non può sfuggire la coerente continuità, in linea di linguaggio e di messaggio umano, tra i primi periodi e l’attuale, che si sviluppa attraverso ricerche di straordinario impegno.
Il marmo, in tutte le sue diversità, non ha segreti per Riva, da quando giovanissimo cominciò a scolpire, tanto da entrargli nel sangue, gioia e sofferenza, ragione della sua stessa vita.
Questi marmi, di questa gioia e di questa sofferenza, recano i segni.
Dire che uno scultore si esprime nel marmo è cosa ovvia, ma Riva col marmo parla, grida, urla un messaggio di fede e di speranza”.

I
n un articolo anonimo apparso su un giornale di Lecco, nella rubrica “Panoramica settimanale delle rassegne d’arte” leggiamo: “Riva si muove alla ricerca della forma pura (…) e quasi a voler trasformare il marmo in mercurio”. Affermazione che una volta ancora punta l’attenzione sul grande valore della manualità nell’arte di Riva.



Un’opera interessante per quanto riguarda la serie dei “Moduli” è la tomba Severgnini al cimitero monumentale di Como, realizzata in marmo bianco di Carrara nel 1978: lavoro che testimonia ancora come in Riva la ricerca personale fosse applicata anche alle opere religiose, e come riuscisse a convincere i committenti ad introdurre l’astratto nei luoghi sacri.



Anche per i “Moduli” cercare un significato recondito è cosa complessa, individuare un senso che vada al di là della evidente consequenzialità morfologica.

L
uigi Cavadini così scrive nella presentazione alla mostra da lui curata alla Biblioteca di Uggiate Trevano nel 1981, dove Riva esponeva “Moduli” in legno: “Un lavoro duro, una attività schiva, una volontà profonda, gli hanno consentito di raggiungere una espressività, un senso dello spazio e un dinamismo di sicura potenza, che si sono rivelati in modo particolarmente evidente nella produzione di quest’ultimo anno. Questa produzione, presentata in prima assoluta in questa mostra, è estremamente originale”.



Ancora Luigi Cavadini, ma nel catalogo Electa del 1991 che accompagnava la mostra antologica a San Pietro in Atrio (Como), offerta dal Comune di Como: “E’ un percorso, quello di Eli Riva, fatto di riflessioni, di sofferte evoluzioni, di passaggi graduali, o di scoperte, maturati sulle lunghe considerazioni in merito al valore della forma e al suo rapporto con lo spazio”.
Luciano Caramel nella sua nota presente sullo stesso catalogo, pur parlando delle “Fionde”, che sono il tema principale della mostra antologica, mette un “Modulo” fra le foto esplicative del suo testo, quasi a sottolineare la continuità della ricerca di Eli Riva, e si riferisce addirittura alle “Ondine” in marmo del 1952, per le quali così si esprime: “Tutto l’insieme dell’opera è trascinato da questa tensione tra ‘dentro e fuori’, in un ritmico muoversi di fluenze plastiche, in reale dialogo con lo spazio e anche con i vuoti”.
























Eli Riva nel suo studio