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Premio Y.M.C.A.

Lasciata Milano, dopo due anni di lavoro nella vicina Svizzera (prima nello studio dello scultore Remo Rossi, poi alle dipendenze di una ditta), e dopo un fruttuoso viaggio a Parigi con il pittore Brignole D’Arena, quando Parigi era la capitale del fermento artistico mondiale, aprì un piccolo laboratorio in Como, ospitato da una fabbrica di scalpellini, i cosiddetti “pica-prea”, quelli che facevano i paracarri in granito.

Il 1950 offre a Riva l’opportunità di verificare la sua vocazione alla scultura. Un “Concorso d’arte per giovani” indetto dall’Associazione Y.M.C.A. di Como: Riva vince il primo premio di scultura, intitolato a Giuseppe Terragni.

La mostra si tiene nel grande atrio della ex “Casa del Fascio” divenuta “Casa del Popolo”, costruita dallo stesso Terragni. L’allestimento, nuovo e originale per quegli anni, con strutture di tubi innocenti e juta, è dovuto al giovane architetto Francesco Castiglioni. Riva si presenta con il “Bustino” e con il piccolo “Uomo seduto” - già descritti - in pietra molera. E per la mostra realizza appositamente una scultura in legno: una figura di donna in dimensioni naturali.

 

Il premio verrà consegnato da Mario Radice, decano dell’“astrattismo comasco” e presidente della commissione giudicatrice (nella foto, in piedi a destra; seduti, Ico Parisi e l'avvocato Luzzani; a sinistra, in piedi, Morando Morandini). (Foto "La Provincia")

Nello stesso anno, nella mostra collettiva del Sindacato Regionale Belle Arti allestita all’Arengario di Milano, Riva vince il Primo Premio ex-aequo. Scriverà per l’occasione Mario Radice in un articolo: “Le prime opere che si presentano all’occhio del visitatore sono due bassorilievi di Eli Riva, eseguiti con grande cura e altrettanta perizia. Questo giovane scultore comasco si trova attualmente, secondo il nostro avviso, sul limite estremo tra l’artigianato inteso nel senso più nobile e l’arte vera e propria. Occorre ricordare che senza un solido fondamento artigianale non v’è arte? Può darsi che questo limite egli l’abbia già varcato, ma ciò non ha grande importanza perché Riva è molto giovane e farà sicuramente strada”.


I
n realtà Radice aveva colto nel segno, evidenziando le due specificità dell’arte di Eli Riva: la grande capacità manuale, e la forte istanza spirituale, pur mettendo in evidenza la prima. Molti critici milanesi si accorsero di lui in quei primi anni ‘50 per le mostre a Milano: da Leonardo Borgese, sul Corriere della Sera, ad Agnoldomenico Pica, da Raffaele Degrada a Mastrolonardo; nel comasco, Derio Caronti, Paolo Cassiani Ingoni e altri, come il citato Mario Radice. Lo consideravano la promessa della scultura italiana. E Carlo Carrà, conosciutolo di persona alla collettiva di Arte Sacra della Galleria San Fedele, dove era presidente della giuria (avendo Riva ancora una volta meritato una “segnalazione”), gli diede questo consiglio: “Ritirati nella tua Como e lavora”. Cosa che Riva sembra aver preso alla lettera.



(Nella foto, "La Provincia", l'autore è a sinistra con le mani in tasca, tra il professor Chichiarelli alla sua destra, lo scultore Somaini alla sua sinistra, seguito dal pittore Brignole D'Arena e, più avanti al centro con le mani in tasca, il pittore Piero Bocci)