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Opere Cimiteriali: Figurativo

Cappella Battistini, Como 1959

Anche nell’arte figurativa religiosa, e cioè nelle cappelle e tombe cimiteriali, nelle ‘Via Crucis’ e altro, l’arte di Riva segue le tappe della sua evoluzione stilistica.
La cappella Battistini del 1959

e il bassorilievo in porfido per il loculo di Vanda Bogni (foto G. Buscema), entrambi al Cimitero Monumentale di Como,


richiamano infatti le opere di laboratorio di quegli anni, come
il legno “Mamma con bambino”, la composizione in marmo "Lavoratori",

il gesso “Lavoro e Fede”  per un concorso a Como.

La cappella Battistini, progettata con l’architetto Lucio Saibene, è di impianto tradizionale.
Una composizione perfetta nella sua proposizione geometrica. Anche qui, sintesi e semplificazione. Al limite della stilizzazione. Non lontana dagli schemi dell’arte medioevale, secondo il modello delle crocifissioni del due-trecento.
Più che una deposizione è un abbraccio della Madonna al corpo del figlio ancora crocefisso. Ai piedi, una donna pietosamente implorante e adorante.
Sulla rivista “Cenobio”, mensile di cultura  (Mendrisio, Svizzera Italiana), Luciano Caramel scriveva nel 1961: “E’ fra le opere più riuscite nell’arte sacra che ci sia dato di vedere negli ultimi tempi. L’iconografia tradizionale è rivissuta con intelligente sensibilità; masse ordinate in ritmi chiusi e precisi, una allusività geometrica che gli permette l’evocazione essenziale evitando ogni pur lecito compiacimento plastico, e gli consente il disinteresse per il particolare.
Nel Cristo appoggiato ad un’alta croce di ferro si inserisce potentemente, fino a diventare una cosa sola, il corpo della Vergine essenziale e severo”.

Si noti anche l’interessante decentramento della Croce rispetto alla cappella (vedi foto in apertura di pagina).
Già nella cappella Battistini Luciano Caramel individuava “i germi di nuovi interessi”, e cioè l’interesse per la materia, negli anni precedenti “sacrificata agli schemi inflessibili della geometria e della costruzione”, e al gusto per le superfici lisce del marmo, tipiche della scultura di Riva, fin dal 1950.
Qui domina “un nuovo fervore per la vitalità materica”. Questa infatti sarà la problematica del figurativo di Riva per tutti gli anni ’60 - periodo informale o materico -  quando la corrosione delle superfici lo porterà agli esiti finali del portale di Chiasso (1967).




C
appella Mulazzi, Como 1961

La cappella Mulazzi è del 1961 e, secondo quanto aveva intuito Caramel, è un ulteriore e avanzato preludio al materico, quale si realizzerà ancor più nella cappella Ciabattoni del 1964 e, infine, nella Besana del 1966.

Più articolata e meno geometrica della Battistini, con una più sciolta e più dettagliata anatomia, senza che nulla venga tolto alla coerenza e alla complessità della costruzione. I piedi, a due a due convergenti, della Madre e del Figlio chiudono alla base la composizione. Il gesto, forse meno tragico, è sublimato nella grande dignità delle persone. 

Anche la collocazione del bronzo nello spazio obbligato della cappella è ‘modernamente’ interessante (come già avvenuto nella Battistini con la dissimmetria dei bracci della Croce),

con quel richiamo architettonico, e per giunta a colore, nel soffitto, quasi punto di raccolta delle forze dinamiche dell’opera e che fa pensare all’”uovo” del Mantegna nella pala di Brera.

 

Tomba Ciabattoni, Como 1964
Pienamente informale è la tomba Ciabattoni del 1964. Una lastra bronzea, un altorilievo, quasi un “tutto tondo”, posata a terra davanti a un quadrato di marmo nero lucido, che la fa ben risaltare sul terreno del campo.
“C’è la modellazione veloce che aggruma la materia caricandola di valori luministici” (Caramel). C’è lo sfaldamento delle superfici e la consumazione della figura. E, a contrasto, c’è il lucido razionale e geometrico dello sfondo in marmo.

Cinque figure dolenti. Ombre, figure allacciate, anime a schiera, quelle del Purgatorio dantesco. E’ quel figurativo che troveremo definitivamente corrotto nel portale di Chiasso del 1967, con la rinuncia alla figura umana e, negli stessi anni, l’irrinunciabile ingresso di Riva nell’arte astratta.



Tomba Besana, Como 1966
Nella tomba Besana il degrado della forma è completo ma anche il gesto sembra più disperato, abbandonato…

(foto G.Buscema)

E’ doveroso anche qui un confronto con il percorso parallelo delle opere di ricerca.
Alcune stanno nelle case cittadine.



Alcune invece sono di committenza, come il “Monumento ai Caduti” di Montesolaro o il bassorilievo nell’ingresso del palazzo Miralago (Como) realizzato dall’architetto Mario Asnago.


Anche l’intera “Via Crucis” nella chiesa del cimitero di Monteolimpino (Como) risale a questo periodo; come pure il bassorilievo in bronzo nella chiesa del cimitero di Como (“Il sogno di Giacobbe”, per “La Stecca” 1966).

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Non abbiamo descritto tutti i monumenti funerari realizzati da Eli Riva. Mancano ad esempio la cappella Praga di Rovenna (Cernobbio, Como),

la Colombo a Carate Urio (Como),


la Fumagalli a Vendrogno (in rame, 1963),




la tomba Ghezzi al Monumentale di Como (foto G.Buscema)



la tomba di Monsignor Guanda a Chiasso (che aveva commissionato a Riva il portale della Parrocchiale della medesima cittadina svizzera), il loculo dell’avvocato Leoni, quello Fossati-Mauri, la tomba Fialdini a Fino Mornasco, la Marzetti a Monteolimpino. Anche potendo conoscere la data di realizzazione di questi ultimi lavori, non è possibile collocarli nell’iter fenomenologico. A noi, in questo contesto, interessavano soltanto le opere particolarmente utili ad essere inserite nel discorso stilistico della scultura di Riva. Abbiamo infatti cercato di dimostrare che questa coinvolge unitariamente e puntualmente arte sacra e profana.